La scrittura è meditazione

La scrittura è una delle forme di meditazione più profonde in assoluto. Non serve essere scrittori o letterati per provare su di sé la potenza di una forma di comunicazione inventata dall’essere umano e che ha stravolto in modo totale l’evoluzione storica, sociale e intellettuale.

Personalmente trovo la scrittura una bellissima rete universale che collega passato, presente e futuro. Quando scriviamo attiviamo il momento presente attraverso un movimento pratico e fisico che è quello delle dita, sia che usiamo la tastiera oppure carta e penna (anche se tra i due metodi, a livello cognitivo, c’è una grande differenza).

Ma se ci concentriamo per un attimo sul movimento fisico delle dita possiamo cogliere che proprio questo movimento è la calamita che ci fa immergere nel momento presente.

La mente intanto elabora, cerca e scruta tra i pensieri. Ripesca dal passato e si plasma su quello che ci accade interiormente e durante le giornate. Quando scriviamo possiamo raccontare un fatto o un aneddoto oppure possiamo trarre le nostre riflessioni su qualcosa che ci ha ferito. Possiamo raccontare alla scrittura le nostre gioie, ciò che ci ha reso fieri e che ci sprona ogni giorno.

La scrittura porta con sé anche un occhio al futuro. Possiamo dedicare la scrittura a dei potenziali lettori, oppure tenercela lì per rileggerla tra qualche tempo e capire di noi, delle sensazioni che abbiamo provato, di quello che facevamo in quel periodo.

Mentre scriviamo usiamo una potenzialità multitasking che collega passato, presente e futuro. È una sensazione che permette di sentirci tutt’uno con la nostra vita. Ci permette di guardarla con onestà e delicatezza, con consapevolezza e attitudine a coglierci nell’insieme.

Una vera e propria meditazione in movimento.

Detto questo e aspettando anche le tue riflessioni in merito se vorrai raccontarmele, ti regalo 5 esercizi di scrittura che potranno aiutarti a entrare in confidenza, in modo semplice, con questo mezzo di meditazione:

• siediti comodamente in mezzo alla Natura oppure alla finestra, e descrivi quello che vedi

• scrivi su 5 bigliettini altrettanti stati d’animo che hai provato nella settimana. Poi chiudi gli occhi e pescane 2. Leggi quelli pescati e rivivili chiudendo gli occhi, senza paura, con la consapevolezza dell’indulgenza e lasciali andare come fossero respiro

• scrivi la sera, prima di coricarti, tre cose per cui hai provato gratitudine durante la giornata

• scrivi 2 parole contrastanti, osservale e cerca tra le due una connessione plausibile: trova lo Yin nello Yang e viceversa

• scrivi 3 parole immediate senza pensarci troppo e poi da quelle 3 parole scrivi una frase

Buona esplorazione.
Namasté

Il motto delle antenne alte

A luglio ho sempre l’impressione che le giornate si distribuiscano più lentamente sulle vite. Rispetto all’anno scorso, oggi, a luglio sono più indaffarata. Ho progetti nei cassetti che si sono aperti all’improvviso creandomi gioia e preoccupazione nello stesso istante. Dall’apnea di giugno, fatta di controlli medici, scadenze importanti e piccoli passi quotidiani, ne sono uscita frastornata. Come sempre mi ci vuole del tempo a riprendermi dagli stress profondi e mi devo lasciare spazio per recuperare.

I miei alleati sono la meditazione, le camminate semplici, i ricordi, la scrittura e la creatività. Ogni organismo umano è molto complesso ma non per questo dobbiamo rinunciare a capirci, ad esplorare dentro di noi, anche l’insondabile. È una ricerca abile che sfocia in una continua acquisizione di strumenti di conoscenza e di consapevolezza per procedere.

In questa nutrita Community c’è un filo conduttore che è molto legato al motto comune che abbiamo adottato come manifesto: antenne alte. Questo filo conduttore è il coraggio di indagare, di sapere anche se fa male o se costringe alla messa in discussione, di capire quello che ci dà gioia.

Questi percorsi per alcune persone sono stimoli e non muri invalicabili.

Mentre sto scrivendo è quasi ora di incontrarvi online per la lezione di yoga che ho preparato sulla leggerezza.

Una piuma è un punto di vista per procedere senza mai dimenticare il suo contrario. Vivere con leggerezza per me è soppesare. Significa togliere i pesi dopo che sono maturi e non fare finta di non vederli.

Significa andare avanti con la forza di chiedere aiuto quando è necessario. Indurirsi non serve a molto ma capita. È una protezione e un guscio dove abbiamo la necessità di germogliare in modo attivo per poi tornare nel mondo con energia nuova.

Sempre grata ♡

Progredire stando fermi

Maggio è un mese di mezzo. Come settembre, è mese di passaggio e di metamorfosi. È un mese dove mi destreggio tra nuovi progetti e paura di fare, di procedere; di dubbi e incertezze puntuali come la primavera.
La mia indole è tana infinita. Solo la luce nuova e rigogliosa di maggio mi porta a voler carpire più del solito e guardarmi attorno per osservare come torna a muoversi la Natura, come procedono gli alberi.
Gli alberi vanno avanti stando fermi. Forse è proprio questo che mi affascina del loro mondo.
Per molto tempo mi è sembrato che stando ferma non potessi progredire in nessun modo. Poi ho iniziato a osservare gli alberi. A guardarli con una luce nuova negli occhi. A renderli partecipi all’interno della mia vita. Progrediscono in silenzio, stando fermi. Rami che anni prima erano fuscelli diventano solidi e folti.
Mi stupiscono le radici che danzano sotto la terra. Le si aggrappano e ho perfino l’impressione che la tengano ferma.
Gli alberi muovono il loro animo, è il loro temperamento interiore che procede, a microscopici passi.
Con questo spazio per gli alberi di maggio mi affido anche io al mio animo, alle radici e alle fronde della testa.

Aspetto la pioggia

Aspetto la pioggia. È come un miraggio o un sentiero che non si trova. Scruto nuvole in cerca di tuoni, di spiragli di lampi. L’altro giorno è durata un attimo. Ho teso le orecchie e respirato quell’aria da temporale restando immobile davanti alla finestra. Ho sentito il vento che si raffreddava e gocce lente tramutarsi in tempesta.
Quando sposto lo sguardo dentro me stessa, mi ritrovo spesso in mezzo a uragani che scuotono ogni cellula del mio corpo. Poi cerco di osservare meglio, di ascoltare e guardare a fondo. Nelle giornate buone trovo germogli, gli stessi che mi capita di incrociare, in questo periodo, mentre cammino. Aspettano il sole come attendono la pioggia. Hanno bisogno di vento e di radici. Hanno bisogno di elementi naturali diversi ma che insieme diventano per loro nutrimento.
I germogli hanno risorse infinite e brevi allo stesso tempo. Ritornano sempre e questo racconta la loro sostanza perpetua. Ma se non sei veloce a vederli ti salutano in fretta. Il giorno dopo sono già qualcos’altro. Non hanno la pazienza di attendere molto. Guizzano e scappano via, decisi a tornare.
La pioggia che stenta è come un germoglio in divenire. Sa che può tornare ma se ne va sempre più veloce. Rara e indispensabile alla stregua di parole fugaci da scrivere per non farle fuggire. Aspetterò la pioggia e la scrittura nuova in questo tempo di aprile. Coltiverò germogli e attimi microscopici dove piantare le loro radici.

Quando cammino

Non credo sia difficile avvicinarsi a marzo. È un mese che assomiglia a una finestra semi aperta. Si scruta da lì il cambiamento d’aria che arriva a strofinare e ossigenare gli attimi, i momenti e anche le emozioni che, solitarie, girano per dentro. Si rilasciano da quello spiraglio i sedimenti, gli spazi fermi che aspettano vento nuovo a far germoglio.

Queste suggestioni che mi vengono in mente quando la mattina apro realmente la finestra e mi soffermo qualche istante a respirare, a sentire l’inspiro, a sentire l’espiro. Le due forze opposte che in sinergia ci governano, ci lasciano quello che serve e permettono a un organismo complesso come il nostro di procedere ed essere vitale.

È in questo periodo che una lieve frenesia inconscia si dipana con forza portandomi a camminare più del solito cercando alberi, prati e spunti microscopici.

Attingo esempi dalla Natura e li trasporto come similitudini in ogni lezione di yoga. Sono eccezionali per far emergere l’intenso legame che esiste tra essere umano e ambiente naturale.

Ogni volta che vedo un germoglio nuovo immagino di respirare quella stessa forza che arriva dal profondo, da piante che sembrano inermi e mute ma che invece sono solo in attesa. Coltivano in loro capacità reattive e risorse che si vedranno sbucare come punta di iceberg, il cui fermento è interno e naviga nell’invisibile.

È come la nostra interiorità, lì nel profondo rimane in attesa, di occhio attento, di cura, di essere vista.

Che se la noti c’è.

Ma c’è anche se non la noti.

L’attesa è una risorsa da rivalorizzare.

Cercare metodi per germogliare comunque è un grande privilegio dove la ricerca vale più dello scopo.